La guida dei clickman

Consultazione delle pagine web

In "Accesso ad Internet di un’utenza modem" abbiamo accennato tutto ciò che accade durante il collegamento ad un I.S.P., soffermandoci sull'utenza modem, pensando a tutti gli utenti che sono giunti a questa guida trovandosi connessi occasionalmente in Internet. Non mi è parso opportuno approfondire le questioni banali, Non mi è parso opportuno approfondire le questioni più banali, relative alla configurazione del software di accesso remoto con un sistema operativo Windows, in quanto esse sono reperibili ovunque, e le operazioni fondamentali per connettersi ad Internet vengono svolte quasi sempre in modo automatico dal software pubblicamente disponibile con le riviste presenti in edicola a prezzo ragionevolmente contenuto.

Ciò nonostante in questa sede, in cui intendiamo mettere in guardia i "clickman" da talune ingenue trappole presenti in Internet, profitteremo per completare la parte relativa alla consultazione delle pagine WEB.

Il modem del provider risponde alla nostra telefonata, dicevamo, e spesso quando siamo connessi ad Internet il software di collegamento apre automaticamente il browser Internet Explorer, mostrando la pagina iniziale.

Diciamo innanzitutto che il browser è letteralmente uno “sfogliatore” di pagine web, scritte in linguaggio HTML ->, consultabili in Internet digitando un indirizzo del tipo http://nomecomputer.nomedominio.estensione.

Il browser permette di leggere il testo html in forma ipertestuale: se la pagina contiene un semplice testo come un file txt, noi vedremo questo file esattamente come con il blocco note, se invece, come accade quasi sempre, leggiamo un file HTML avente estensione .htm o .html, potremo vedere, oltre al testo, anche le immagini che ad esso sono state eventualmente collegate.

Il Browser

Ovviamente il testo è contenuto in un file, e ciascuna immagine che vediamo è contenuta in altri file, ma l’istruzione image -> del linguaggio HTML, ci permette di vederla incorporata nel testo nel punto esatto scelto dal suo autore. Il browser legge ciascuno dei file indicati ed effettua il download, ovvero scarica tutti i file interessati sul disco rigido del nostro computer, quindi interpreta i comandi HTML, detti TAG -> ed incorpora le immagini nel testo come è indicato nell’istruzione. In questo modo ricompone nella sua finestra quello che noi generalmente chiamiamo ipertesto, o pagina web (perché pubblicata su un server WEB) o pagina Html (perché scritta generalmente in linguaggio HTML) oppure infine, viene detta “pagina Internet” perché è il primo e più diffuso approccio ad Internet, pur essendo un modo certamente non professionale di esprimersi.

Ciò che va tenuto presente quindi, è che, finito lo scaricamento della pagina, quando essa si presenta visibile nella sua interezza, il collegamento ad un computer remoto è terminato e noi stiamo leggendo un file residente sul nostro disco rigido che è l’esatta copia di un file che risiede sul disco rigido di un computer al quale ci siamo collegati. Questi file vengono conservati su disco in una cartella temporanea chiamata in genere “temporary Internet files”, ma giacché questi file vengono gestiti autonomamente dal browser, si preferisce ritenerla come una sua area di memoria “cache”. La memoria “cache” è per definizione un’area di parcheggio temporaneo dei dati, allo stesso modo della memoria “cache” utilizzata dal processore: si usa definire questa area come “cache del browser”. La “cache” del browser quindi contiene i file scaricati durante la navigazione per permettere la visualizzazione sullo schermo, ed i browser di quinta generazione possono recuperarne il contenuto per permettere la cosiddetta “navigazione off-line”, ovvero la consultazione delle pagine scaricate in precedenti collegamenti ad Internet, senza la necessità di essere nuovamente connessi.

A questo punto dobbiamo anche valutare per grandi linee cosa avviene quando consultiamo una pagina. Nella maggior parte dei casi il browser sarà già stato impostato su una “pagina iniziale”. La “pagina iniziale” del browser è l’indirizzo al quale esso tenta di accedere quando viene avviato. A seconda del software che abbiamo installato essa sarà l’indirizzo di un provider, di una ditta che ha distribuito il browser, o, infine di casa Microsoft.

Indirizzo, URL, Indirizzo Internet, Indirizzo I.P.

Nella barra degli indirizzi noteremo, come abbiamo accennato, che l’indirizzo è composto da:
http://nomecomputer.nomedominio.estensione.

Vediamo quali sono i singoli elementi che lo compongono. In esso compare innanzitutto il protocollo di connessione http:// Il protocollo http viene utilizzato per il trasferimento di ipertesti->, a seguire troviamo il nome di un computer. In genere compare www che vuole essere l’acronimo pomposo di World Wide Web, di guisa che per ogni “W” che digitiamo possiamo ritenere di compiere chissà quale tipo di collegamento. Nulla di più fasullo: www è soltanto il nome di un computer . Per convenzione, si è stabilito di dare uno stesso nome al server web principale di un dominio, per fare in modo che, una volta conosciuto il nome di dominio e l’estensione fosse agevole trovarne le pagine html. E’ soltanto per questo motivo che nessun dominio che vuole essere facilmente reperito userebbe un nome diverso per il proprio server web, ma deve esser chiaro che www è soltanto il nome di una macchina destinata ad essere utilizzata come server web, e qualora vi siano più server web, questo acronimo viene associato al server web principale.

Il terzo elemento dell’indirizzo è il nome di dominio, che individua un dominio logico collegato a determinati computer. Può esservi un nome di dominio che individua una ditta che ha una grossa rete privata e quindi quasi certamente accedere a quel dominio significherà accedere alle macchine di questa ditta, ma il nome di dominio può anche essere collegato alla directory che un utente si è creato su un server che offre spazio web gratuito. In altre parole, il dominio è un’area logica e non è dato sapere a quali macchine si sta accedendo, se non consultando un D.N.S. ->

Il quarto elemento è dato dall’estensione, questo elemento in genere individua una rete virtuale (.net) o il tipo di servizio commerciale (.com), di organizzazioni senza fine di lucro (.org) di organi governativi statunitensi (.gov), oppure la collocazione fisica del server secondo le sigle internazionali che individuano i singoli paesi non americani (.jp, .uk, .it).

Partiamo dal quarto elemento dell’indirizzo per procedere alla lettura dell’indirizzo così come procede il computer: la macchina leggerà innanzitutto l’estensione, poi cercherà tra i domini aventi quella estensione, il nome di dominio che abbiamo inserito, infine cercherà all’interno di quel dominio il computer del quale abbiamo inserito il nome e vi accederà con il protocollo indicato.

L’ordine in cui le macchine leggono gli indirizzi è esattamente questo, e se le macchine sapessero leggere potremmo fermarci qui, ma giacché le macchine conoscono soltanto il sistema binario, con tutta la buona volontà possono ricostruire i valori in sistema ottale, esadecimale o decimale, ma difficilmente comprendere le parole che siamo soliti inserire noi umani. Allo stesso modo è molto più alla portata di un umano ricordare un indirizzo alfabetico piuttosto che che la serie di numeri privi di un riferimento mnemonico. Dunque l’utente inserisce i nomi e la macchina legge i numeri creando un evidente “gap” che deve essere colmato.

D.N.S.

Occorre un sistema che indichi la corrispondenza di un indirizzo mnemonico indicato dall’utente, all’indirizzo numerico al quale deve accedere la macchina. A ciò provvede il D.N.S. (Domain Name System) risolutore dei nomi di dominio.

Quando inseriamo un indirizzo, dunque, la macchina cerca l’equivalente numerico del numero che abbiamo inserito che si compone di quattro cifre che vanno da 0 a 255, separate da un punto. Questa ricerca viene effettuata consultando il D.N.S.. Il D.N.S. è un database distribuito suddiviso per zone e ciascun server D.N.S. contiene i dati della mappatura delle zone di sua competenza. In italia il D.N.S. ufficiale dei domini aventi estensione .it è tenuto presso il GARR di Pisa, per cui tutte le macchine che dovranno risolvere l’indirizzo di un dominio contenente questa estensione consulteranno il D.N.S. del Garr di Pisa, o altri D.N.S. che si saranno aggiornati in base ai suoi dati.

Detto in parole povere, una volta letto l’indirizzo, la macchina consulterà il D.N.S. assegnato all’inizio della connessione per cercare informazioni relative all’estensione, quindi al dominio, quindi al computer di un dominio ed il D.N.S., consultando i suoi dati e quelli degli altri computer dello stesso tipo ai quali è collegato, gli restituirà l’omologo numerico composto da quattro cifre di 8 bit con valore da 0 a 255 separate da un punto: l’indirizzo I.P al quale accederà la macchina.

Questa serie di operazione avviene ogni volta che inseriamo un indirizzo alfabetico e premiamo “Invio”, quindi allo stesso modo ogni volta che clicchiamo su un link. Ovviamente nulla ci impedisce di digitare direttamente l’indirizzo I.P. che desideriamo consultare inserendo il numero della porta di I.P.

Prima di proseguire chiariamo l’uso della terminologia: fin qui abbiamo parlato di indirizzo alfabetico o numerico. Questo indirizzo è anche detto URL (unique Resource Locator) Locazione univoca di risorse o indirizzo di porta I.P..

Vedremo meglio parlando del protocollo di trasmissione di Internet l’I.P. o Internet Protocol, che ogni elemento presente in Internet è identificato da una porta di accesso ad Internet, definita, con poca fantasia Porta di I.P. o Indirizzo di I.P.. Questo identificativo, relativo alle macchine, come alle linee di collegamento, presenti in Internet, identifica univocamente la macchina o la rete dalla quale parte un segnale.

I nomi di dominio

Il sistema che abbiamo appena illustrato, ha senso di esistere e funziona, soltanto se a ciascun nome di dominio corrisponde uno ed un solo indirizzi di I.P.. Tutta la libertà della quale si può usufruire in Internet quindi trova il proprio vitale freno di fronte alle esigenze atte a garantire il proprio funzionamento. L’unico sistema per garantire lo sfruttamento delle risorse dunque è quello di creare una gerarchia prioritaria quanto mai rigida e schematica grazie alla quale si garantisca innanzitutto che non vi siano due computer in rete aventi lo stesso indirizzo. Per questo motivo, non esistendo un’autorità mondiale dei nomi di dominio, si è venuta a creare, con l’aggiungersi di nuove reti ad Internet, una serie di autorità nazionali, ciascuna delle quali gestisce i domini aventi una determinata estensione.

Ciò significa che se desidero creare un nome di dominio .net o .org, quasi certamente dovrò registrarmi presso una "Naming Autority" americana, ovunque sia collocato il mio server. Se invece voglio registrare un dominio con estensione .it dovrò rivolgermi alla Naming Authority Italiana che provvederà ad effettuare la registrazione presos il server D.N.S. del GARR di Pisa (la rete GARR è la rete internazionale universitaria).

La validità della registrazione è vincolata al pagamento di una retta annuale, in mancanza del quale la registrazione viene annullata ed il nome rimane a disposizione di chiunque voglia registrarlo nuovamente.

Il corrispettivo economico per tale servizio è enormemente variabile a seconda delle politiche aziendali : i nomi di dominio infatti non possono essere registrati da singoli soggetti privati, ma soltanto in loro vece da referenziate ditte che operano in questo campo.

La Naming Authority Italiana, poi, ha varato un regolamento tutto suo, perfettamente coerente con la complicata burocrazia italiana, che nulla ha ereditato con l’avvento della tecnologia che giunge da oltre oceano. Esso prevede, ad esempio, che i nomi di dominio legati al territorio italiano debbano necessariamente essere registrati da enti pubblici, che i comuni possano registrarsi soltanto con il proprio nome se sono capoluoghi di provincia, diversamente devono includere anche la provincia di appartenenza (Es. comune.napoli.it, comune.giuglianoincampania.na.it) allo scopo di rendere univoco, e talvolta irreperibile, l’indirizzo di un Ente pubblico.

Cotanta attenzione dell’autorità nazionale italiana contrasta platealmente con i principi fondamentali della stessa internet, che sin dal suo primo embrione a scopo bellico, nega ogni riconoscimento alla collocazione fisica delle macchine che sono interconnesse. E’ appena il caso di ricordare, infatti, il concetto fondamentale di Internet con il quale abbiamo iniziato questa guida, secondo il quale non esiste alcun collegamento a qualsivoglia concetto fisico.

Questo superamento dei confini territoriali dei singoli Paesi, amo disquisire, ha creato seri problemi in termini giuridici a tutto il mondo. La regola generale che l’utente debba rispondere ai dettami dell’ordinamento giuridico vigente nel territorio nel quale egli si trova ed a quello vigente nel territorio nel quale si trova il server con cui corrisponde, semplifica fin troppo la problematica che scaturisce dalle nuove esigenze giuridiche di riferirsi ad un ordinamento giuridico che non sia confinato entro uno specifico territorio. In Internet si perde ogni riferimento possibile al territorio, che finora è stato una degli elementi fondamentali atti a definire la sfera di applicabilità di una determinata norma giuridica.

Qualunque sia la portata dei nostri spostamenti virtuali nel mondo, il collegamento avviene sempre tra il nostro computer ed il server che stiamo consultando, senza che, in realtà, vi sia alcun percorso definito alla nostra navigazione, nonostante quanto normalmente si usa dire in merito ai link tra pagine WEB.

Il link

Il link contiene generalmente un indirizzo I.P. e viene spesso inteso come un collegamento, nel senso che se clicchiamo su una parte di testo di una pagina web, passiamo a consultarne un’altra. Il fatto poi che esse risultino essere consecutive nella nostra navigazione, ci offre la sensazione di averle collegate. In realtà, non esiste alcun collegamento tra le due pagine, esiste piuttosto il rinvio ad un indirizzo, lo spostamento del nostro puntatore, ma nessun collegamento se non quello che si offre a questa nostra sensazione.

Dovendo contrastare una convinzione quanto mai radicata e diffusa affrontiamo l’argomento per gradi. Possiamo tranquillamente intende il link come un collegamento se vogliamo conoscere Internet da semplici utenti e certamente troveremo conforto a questa tesi quando valuteremo i "ring" esistenti in Internet ->

Se però vogliamo approfondire la questione "link", dobbiamo partire da una premessa che abbiamo fatto poco prima: quando vediamo una pagina comparire nel browser, il nostro collegamento al computer remoto è terminato, dunque tutto ciò che faremo e potremo fare avverrà in locale, avrà inizio dal nostro computer anche se lo facciamo grazie al comando contenuto in una pagina web che abbiamo scaricato da un server remoto.

Cosa si verifica nel caso dei link: Il file che stiamo vedendo è un file che è stato prima copiato sul nostro disco rigido e poi mostrato a video. In esso, oltre al testo visibile, esiste una certa quantità di testo nascosto che crea l’ipertesto, come abbiamo detto, e, parte di questo testo nascosto contiene dei comandi, pronti ad essere eseguiti ad un clic del mouse su una determinata area.

Tutto ciò, dunque avverrà in locale, e quando noi ciccheremo avviando un comando, inizierà un nuovo collegamento privo di legame dal precedente. In senso puramente tecnico dunque il link non è un collegamento, ma un puntatore ad una risorsa che può appartenere alle risorse locali (invio della posta elettronica), oppure essere un indirizzo Internet.

Ogni volta che clicchiamo iniziamo un nuovo collegamento ad una macchina presente in Internet

Il link dunque è un oggetto o una parte di testo, generalmente evidenziata, con una sottolineatura od in altro modo, alla quale è collegato un comando. Il comando Ancor del linguaggio HTML -> permette di definire un’area di testo e di stabilire che se si clicca in quell’area venga eseguito un comando, un riferimento detto "Hot Reference". Il clic del mouse dunque può avviare, ad esempio, il software di posta elettronica per l’invio di una mail, o più semplicemente indicare un indirizzo al browser come se esso venisse scritto nella casella degli indirizzi.

Un link altro non è che l’esecuzione di un comando.

L’esecuzione di questo comando può essere associato al verificarsi dei più disparati eventi, tanto per citare un esempio, ricorrendo a Java è semplicissimo associare un comando all’evento "on mouse over" per attivare il comando quando il puntatore del mouse passa su una specifica area, anche in assenza di un clic. Per il momento comunque accettiamo la definizione classica che fa riferimento all’HTML puro, secondo la quale l’esecuzione del comando è determinata dal clic del mouse, quando il puntatore si trova su una determinata area di testo. Il browser, leggendo una pagina scaricata nella sua cache, esegue il comando indicato nel tag Ancor del linguaggio HTML grazie ad un collegamento tra esso e l’evento clic del mouse.

Il ring

Se, dopo questo approfondimento, ritorniamo alla pura apparenza, noteremo che consultando una pagina e cliccando su un link, potremo visualizzare un’altra pagina e ritenerla ad essa collegata.

Su questo principio si basano i Ring, gli anelli creati dagli stessi utenti in base al fatto che le loro pagine web contengono informazioni relative ad uno stesso argomento.

Come funzionano i ring:

In modo molto semplice, su iniziativa di un utente che ha deciso di creare un anello in merito ad un determinato argomento, viene aperta una lista. Chi vuole essere inserito nel ring ne fa richiesta ed in caso di risposta affermativa gli viene assegnato un numero. La regola tipica dei ring e che ciascun appartenente abbia un link al sito che ha il numero d’ordine precedente ed un link al sito che ha il numero d’ordine successivo in modo che l’anello non si interrompa.

Visto dal lato utente-consultatore di pagine web, esso viene pubblicizzato nella pagina principale del sito detta "home page" e contiene un link al server che offre la lista completa dei siti che si sono iscritti.

In questo modo l’utente che si è imbattuto in un sito dedicato ad uno specifico argomento potrà scorrere tutti gli altri siti che l’istitutore del ring ha ritenuto conformi ai propri scopi, operando una forma di ricerca in qualche modo sostitutiva al classico motore di ricerca.

I ring esistenti sono reperibili su specifici siti che si offrono di conservare le liste dei siti collegati, potendo in tal modo cercare dapprima il ring relativo all’argomento di proprio interesse e successivamente consultare le lista dei siti iscritti per scegliere quali consultare o infine percorrere l’anello nel suo ordine naturale.

Cliccare dunque ci porta in giro per il mondo e fin qui la cosa non deve meravigliarci perché è il nostro precipuo scopo, altre volte però può provocare effetti indesiderati. Chi ci offre la certezza di conoscere quale comando stiamo eseguendo? Siamo certi che "clicca qui per continuare" non nasconda qualcosa che potrebbe metterci in difficoltà?

Vediamo con tutta calma come ovviare al problema.

La prima regola da seguire è fin troppo ovvia ed è quella di non cliccare all’impazzata, il primo consiglio da seguire "doverosamente" è quello di attivare e consultare la barra di stato. La barra di stato, posta sul fondo del browser ci indica esattamente il comando che contiene l’area sulla quale stiamo passando con il puntatore del mouse: in pratica il comando che verrà eseguito se clicchiamo. Il più delle volte esso conterrà un indirizzo e quindi ci risulterà trasparente cosa faremo eseguire al browser, altre volte esso contiene un comando che termina con un punto interrogativo ed un codice che non ci risulta essere comprensibile.

In questo caso siamo di fronte ad una query con l’invio di un parametro. Al nostro click, il browser invierà questo parametro ad un eseguibile operativo sul server del quale non ci è dato conoscere il risultato. Non ci resta dunque che fidarci se proprio vogliamo vedere dove proseguirà la nostra navigazione. Il più delle volte queste query indicano un numero di codice a cui corrisponde un sito che offre servizi a pagamento, altre volte invece, questa query scaricherà un biscottino nella cache del browser per renderci identificabili..->

I cookies possono essere istituiti per motivi di sicurezza a tutela dell’utente o per motivi commerciali: la differenza è data dall’affidabilità del sito che stiamo consultando.

Infine dobbiamo conoscere quali sono gli inconvenienti che possiamo incontrare. Spesso, la prima immagine che ci appare su una pagina web è un banner commerciale uno striscione pubblicitario al quale è collegato il link ad un server che propone la sua offerta commerciale. Quanto più è vivace ed animata l’immagine tanto più facilmente essa ci rinvia allo sponsor commerciale del sito e non già alle informazioni che stavamo cercando. Altre volte, troveremo una finestra in tutto simile a quella di un applicativo: essa conterrà delle caselle di selezione. Orbene questo tipo di soluzione si fonda sull’abitudine che la selezione di una casella di controllo o di un controllo alternativo, non attiva alcun comando, ma predispone i parametri da attivare quando premiamo il tasto invio o il tasto esegui sulla finestra.

Cosa c'é dietro un clic del mouse?

Bene, cliccando anche per semplice e legittima curiosità su una casella di selezione scopriremo di aver cliccato semplicemente su un’immagine e quindi che avremo attivato un link. Questo significa che siamo stati indotti a seguire un percorso che non era di nostro interesse, ed io mi permetto di ritenere che queste astuzie siano trappole, che, per quanto ingenue, risultano fastidiose soprattutto al navigatore novizio.

Vedremo che ciò attiene al tentativo di "verticalizzazione" della comunicazione via internet ->

Per riprendere le fila della propria navigazione sarà sufficiente premere sul pulsante "precedente" presente sul browser per ritornare al punto in cui si è incontrata la trappola, ma a volte ciò non funziona. Esistono alcuni siti che nella pagina che legge il vostro browser, si sostituiscono all’indirizzo della pagina che il browser ha conservato come "precedente", rendendo impossibile compiere il percorso a ritroso.

Bisognerà interrompere la navigazione e "ripescare" l’ultimo indirizzo consultato dalla casella cronologia del proprio browser.

Pensare 10, cliccare1

Ultima considerazione che tecnicamente ci interessa sebbene ad essa ricorra in genere un tipo di siti dedicati a materie di interesse tutt’altro che informatico. Alcuni indirizzi, mentre viene scaricata la home page, aprono una serie infinita di nuove finestre del vostro browser, dandovi l’esatta percezione che connettendovi ad Internet, di fatto, delegate il controllo del vostro computer al server al quale vi state collegando.

La prima sensazione è quella di aver acceduto ad un mare di informazioni interessanti, ma ben presto si scoprirà che queste nuove finestre appesantiranno il browser fino a renderlo sempre più lento ed a portarlo in sostanza ad una fase di stallo che spesso decreta la caduta della linea telefonica. Alla fine di tante pagine del quale è iniziato lo scaricamento non riuscirete a consultare alcuna informazione, e molto facilmente di essi non avrete l’esatto indirizzo perché l’accesso sarà avvenuto ricorrendo ad una query, come abbiamo accennato.

Orbene, non è dato sapere se la conseguenza della disconnessione è fraudolentemente voluta, oppure è la naturale conseguenza del fatto che l’Italia non è dotata delle infrastrutture americane. Tenendo presente però che la capacità di lettura di un americano è del tutto analoga a quella di un italiano sono portato a ritenere che l’apertura contemporanea di 10 o 15 finestre non abbia alcun senso se non quello di nuocere. Comunque sia sta di fatto che di fronte a questa scomoda conseguenza occorre probabilmente correre ai ripari: l’unico modo per evitare il rischio della disconnessione è quello di chiudere le nostre finestre che via si aprono prima che vengano caricate le pagine web e bloccare lo scaricamento della pagina che ha dato inizio a questa procedura. Per quanto possa sembrare ridicolo questa corsa contro il tempo a colpa di mouse è l’unico espediente ed è sicuramente efficace. D’altronde per dei cliccatori di professione come voi sarà uno scherzo da ragazzi mostrare i riflessi pronti!!!

Il migliore antidoto per evitare questi effetti indesiderati, consiste nel tenere attiva la barra di stato del browser e verificare se c'é un link sotto l'immagine che si sta consultando e quale indirizzo chiederemo di consultare quando ciccheremo su quell'area. Se il link non compare, perchè in essa scorre un messaggio di commento al sito che stiamo visitando, dovremo valutare di volta in volta l'opportunità di affidarci al server relativo.

Affronteremo approfonditamente ciascun aspetto che abbiamo qui soltanto accennato, a partire dai "mondi di Internet".

 

 

 

 

 

 

 

http://utenti.tripod.it/GiuliodellaValle/guide/5_clicman.htm
Martedì, 9-Novt-1999 21:55:00 CEST